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Abruzzo: Teramo


Teramo (Tèreme ['tɛ:rəmə] in abruzzese) è un comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia in Abruzzo. 
La città ha origini molto antiche, riconducibili ai Piceni e ai Pretuzi, che dominavano fino al III secolo a.C., prima del dominio romano, l'area di Aprutium, da cui il termine "Abruzzo".
Successivamente nel primo Medioevo, dal tardo 1200 sotto gli Angioini al 1400 sotto gli Aragonesi, Teramo fu capitale di un distretto autonomo, rappresentato da famiglie locali quali i Melatino, in rivalità con il ducato di Atri, decadendo poi a capoluogo del distretto dell'Abruzzo Ultra, giustizierato fondato nel 1233 da Federico II di Svevia. 
Tra il 1700 e il 1800, Teramo fu un notevole centro culturale, con personalità come Melchiorre Delfico e Francesco Savini.
Il fiume Tordino e il suo affluente, il torrente Vezzola, si riuniscono un po' più a valle della città, delimitando una piattaforma dalle ripide pareti, sulla quale si distende l'abitato.
Le strette vie della parte vecchia, i merli ghibellini della facciata della Cattedrale - segno del potere temporale del Principe Vescovo - e qualche altro brano d'antico spessore inducono suggestioni storiche in un contesto prevalentemente moderno.
La città ha un aspetto pulito ordinato luminoso, a partire dagli edifici e dalla disposizione urbanistica della rete stradale. 
Tra mare e montagna, l'Adriatico è solo una trentina di chilometri più a levante, mentre a occidente si trova la catena del Gran Sasso.  
in una zona collinare sotto le pendici del Gran Sasso, che digrada verso la costa con una ricca vegetazione di vigneti e oliveti.


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TERAMO

Regione: Abruzzo

Provincia: Teramo

Altitudine: 265 m slm

Superficie: 152.84 km²

Abitanti: 54.884

Nome abitanti: Teramani

Patrono: San Berardo vescovo (19 dicembre)

«Racconti di Viaggio»

La mia 2 giorni teramana, inizia di prima mattina  di una bella giornata settembrina, alla Stazione Tiburtina di Roma; la corriera delle autolinee regionali abruzzesi TUA (ex Arpa), che con € 16.90 e un bel pullman a 2 piani, in 3 ore mi porta a Teramo.

Partenza ore 9, viaggio al piano superiore dietro al parabrezza per godermi il paesaggio in cinemascope, e arrivo a Teramo dopo alle 12 in Piazza Garibaldi, di fronte all’ingresso della Villa Comunale.

L’aria è calda, la vista del Gran Sasso dalla piazza, è pulita verde e rocciosa.

Mi avvio subito giù per il Corso principale, San Giorgio, quello dei negozi, pedonale, dove si svolge lo "struscio" cittadino, fiancheggiato da palazzi austeri, parte in architettura razionalista.

Data l’ora, tutto è silenzioso e deserto e passo dopo passo, in breve arrivo a vedere il campanile della Cattedrale che si avvicina sempre più, fino a raggiungere la Piazza Martiri della Libertà su cui prospetta il retro di Santa Maria Assunta e San Berardo, la Cattedrale, con la controfacciata rustica in mattoni che incornicia una bella porta in bronzo in cima alla scalinata.

Via via che arriva il pomeriggio, piano piano tutto il centro si anima di famigliole con bambini, giovani coppie, ragazzi dalle acconciature improbabili,, biciclette; i bambini allegri e vocianti intorno alla giostra dalle forme antiche con i cavallucci, i tavolini dei bar sotto i portici si riempiono di chiacchiere e caffè.

La vita a Teramo si svolge in un'atmosfera serena di passeggiate lente, bambini che giocano a palla in piazza, accanto a madri e nonne con carrozzine, sulle panchine gli anziani che discorrono amabilmente e sulla scalinata della Cattedrale seduti i ragazzi sovrappensiero osservano il viavai. 

È notte e poi mattina; mi tuffo tra le vie e le architetture del centro storico, mi dirigo verso la Stazione Ferroviaria, procedendo di corso in corso; passato davanti alla Cattedrale, mi infilo in Corso Cerulli che si restringe, più antico e più suggestivo, fiancheggiato da bei palazzi, alcuni anche con rimanenze medievali; qualche passo e, in un vicoletto a sinistra una bicicletta attira la mia attenzione, poi sul fondo, la piccola facciata di una Chiesetta intitolata a Santa Caterina, sormontata da un campaniletto a vela completo di campanella.

Continuo per il Corso Cerulli fino ad un tratto su cui prospetta un portico di imitazione medioevale, Portico Savini, accanto alla Chiesa di San Francesco.

Da qui il Corso cambia nome diventando De Michelli, fino a raggiungere la Porta Reale, detta dai teramani Porta Madonna, che prospetta sulla piazza al centro della quale è stato posizionato l'eroe dei due mondi, al centro della rotonda, con la spada sguainata, il Garibaldi recuperato nel 2010 dai Fondaci Comunali. (GC)

«... ed in fine si aggiunse il tremuoto. 

Cominciò questo a farsi sentire in Dicembre 1702, e ad ingerire apprensione pe' disastri già cagionati nel Principato ultra e nella Contea di Molise. 

Ma dalle due ore della notte precedente ai 14 gennaio sino ai 2 febbraio 1703, alle ore 18, gli scotimenti furono così violenti che alcuni edifizj caddero, ed altri rimasero maltrattati. 

Ne abbiamo veduto due pruove nel Cap. LXV ed altre in gran numero se ne veggono anche oggi nell'incisione 1703 fatta su mattonelle ne' muri di rinforzo e ne' rinnovati tetti. 

Abbandonate le case, si ridusse ognuno a passare le fredde notti di quella stagione sotto le tende. 

Ecco perché dai 14 gennaio ai 2 febbraio, ad ore due della notte, si suonano in Campli le campane, e ciascuna famiglia si gitta in ginocchio a pregare il Signore, onde tenga lontano somigliante flagello: ed in Teramo nel giorno 2 febbraio si sospendono maschere, festini e teatro.» 

(Niccola Palma nella sua «Storia di Teramo»)

«- Roberto Grandini: Ora ditemi, quando questa nostra Patria ebbe principio, e forma di città.

- Giulio de' Fabricii: Già potrei dire aver udito da uomini giudiziosi e di conto, questa città essere più antica di Roma, e che dalli Troiani, che vennero con Antenore fosse edificata, ma non potendo ciò provare con autentiche scritture, ed avendovi Io promesso raccontare le cose, che si possono mettere in vero, per questo il lascio di dire.»

(Mutio De Mutij, «Della storia di Teramo dialoghi sette», Teramo, 1893, ma scritto nel 1596, Dialogo Primo tra Roberto Grandini e Giulio De Fabricj, pag. 13)

«La contea aprutina o latinamente de Aprutio, che noi qui tradurremo in Apruzio, o di Teramo, come oggi si direbbe, fu assai importante nell'alto Medioevo ed anzi, allo staccarsi che fece nella metà del secolo XII dal ducato di Spoleto, apparve nel celebre catalogo de' feudi normanni la più vasta del novello regno. … [Essa] forma l'anello di congiunzione tra il novello regno di Napoli e il vecchio Piceno, di cui sino allora dai tempi preromani sempre avea parte …»

(Francesco Savini, «La Contea di Apruzio», Roma, Forzani, 1905, Proemio)

«La ruina del teatro d'Interamnia testimonia romanamente l'antica grandezza» (Gabriele D'Annunzio) 

«[...] La cattedrale di Teramo è una delle cose più singolari, più composite e insieme più schiette, che possegga l'arte italiana ... il ricco portale cosmatesco e l'alta guglia gotica che lo corona slanciandosi al di sopra del cornicione, creano una dimensione nuova e rendono affatto inedita questa singolare facciata [...]»

(Mario Pomilio)

« [...] Oggi quasi tutta moderna, Teramo è città agricola, e i proprietari delle terre conservano lo stampo dei confratelli marchigiani.

Gran parte delle maggiori famiglie locali è emigrata a Roma; rimangono avanzi latenti di questa tradizione storica ed umanistica, che illustrò il nostro Mezzogiorno, e che qui ebbe il maggiore esponente in un patrizio e proprietario terriero, Francesco Savini.

Patrizio, proprietario terriero e umanista: potrebbe essere un capitolo della vecchia Italia scomparsa.

Resta una buona biblioteca, fatta di lasciti privati.

Sono frequenti nei vecchi edifici di Teramo quelle «porte del morto» che abbiamo trovato nell'Umbria, ed in un'opera di Francesco Savini sugli edifizi teramani ne trovo una delle prime segnalazioni dotte, non leggendarie o popolari, nelle quali mi sia imbattuto.

«Curiosi», dice il testo, «appaiono nelle nostre case medievali quei portoncini assai prossimi ai soliti usci di via e che, detti porte dei morti, si aprivano in quei tempi alla sola uscita dei cadaveri e poi si rimuravano [...]»

(da «Viaggio in Italia» di Guido Piovene - 1950 - pag. 537)



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