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Recensioni

11 luglio 2016


Espressioni di grande valore creativo
Sinestetica di Giuseppe Cocco
L'esperienza di foto-acquarello 

di Carlo Marraffa
www.papale-papale.it/articolo/1626/sinestetica-di-giuseppe-cocco

19 aprile 2006


Visioni

L'obiettivo ha fissato ciò che lo sguardo ha colto spaziando nei cieli d' aria e di terra che avvolgono Tarquinia, ha ritratto torri e chiese, archi e colonne, strade ed angoli, filtrandoli attraverso il computer nel personale fantastico. Giuseppe Cocco, con la sua opera, ha palesato una sensibilità che, purtroppo, è scarsamente diffusa fra gli abitanti del luogo.
Grazie

14 giugno 1979


IL REALISMO DI GIUSEPPE COCCO
di Giovanni Semerano

La mostra personale che il Centro culturale "Il Domani" ha allestito con le immagini di Giuseppe Cocco nella galleria dell'Orsa Maggiore al Lido di Roma è una conferma dell'impegno con cui l'autore ha voluto approfondire l'indagine su alcuni temi classici del fotografare: il paesaggio, le figure contadine, i ritratti. Una sequenza di numerose fotografie colte soprattutto in terra d'Abruzzo, dove la riscoperta dell'ambiente naturale è condotta con rigoroso realismo.
Grande formato e bianco e nero per rappresentare una realtà nella quale l'uomo sa disporre del suo tempo in ragione all'essenziale; e su questa motivazione di fondo Cocco costruisce gran parte del suo lavoro. Momenti particolari sono fissati dall'obiettivo con il segno inconfondibile di un metodo che evidenzia la coerenza delle scelte ponendo a confronto esperienze diverse.
L'autore porta in ogni immagine la sua sensibilità e la sua vocazione di poeta giovane. Tutto si riassume nel contemplativo e Romano Tamberlich che ha presentato la mostra ha rilevato che si tratta di una fotografia che potremmo forse definire secondo una espressione attuale (in un mondo angosciato dalla deformazione della realtà operata dai mass-media), una fotografia dal "volto umano".
Intorno alla condizione dell'uomo delle campagne, all'illustrazione di paesaggi non contaminati, ed alcuni aspetti di vita nelle grandi città si esauriscono i tempi di questa prima esperienza fotografica in cui Giuseppe Cocco dimostra di sapersi esprimere liberamente senza soggiacere alla facile retorica. Meritano attenzione infine i ritratti dei bambini dove ci pare di riuscire ad intravedere canoni di valore estetico.

mercoledì 6 giugno 1979



QUANDO FOTOGRAFARE DIVENTA POESIA
di Roberta Gisotti

L'obiettivo, si ferma sul volto di una bambina, ne coglie l'aria trasognata, la delicata espressione malinconica, poi è il bagliore vivace dei suoi occhi, un sorriso di complicità, una posa atteggiata.
La sequenza è di Giuseppe Cocco, un giovane fotografo di ventuno anni, alla sua prima esperienza di mostra personale, espone in questi giorni a Roma Lido, nella Galleria d'arte «Orsa Maggiore».
Romano d'origine calabrese, Giuseppe proviene da studi artistici e ha una formazione culturale e religiosa cattolica: due fattori determinanti nella sua espressione fotografica «potrei affermare - sono sue parole - che essa deriva dalla mia disposizione d'animo, che mi spinge a contemplare tutto ciò che mi circonda, meravigliandomi ed entusiasman­domi.
«Il mio primo impulso è quello di guardare, osservare, vedere, cercare, capire le cose, la natura, gli uomini: mi ci avvicino con la curiosità di un bambino e cerco di portare alla luce gli aspetti migliori, ricreandone la poesia che ne è propria».
E per fare questo, Giuseppe è sempre in giro con l'obiettivo pronto ad imprimere nella pellicola in bianco e nero, trattata con la tecnica luce-ambiente, attimi di eternità, fissati nel magico mondo di una bambina, nel lavoro a maglia di una anziana contadina, nella composta solitudine di pastori abruzzesi, nelle marcate e sfumate linee di paesaggi naturali, nel quotidiano lavoro dell'uomo tagliato all'interno di un caseificio, nello scorcio di un paese arroccato, in qualche immagine di strada.
A condurre il discorso fotografico, è la personalità stessa dell'autore, mai tesa nella ricerca puramente estetica e di studio tecnico, ma piuttosto nel ritratto armonico dell'uomo nell'equilibrio del suo ambiente.
«Osservato il soggetto, lo faccio mio e mi ci avvicino con tutto l'amore cercando un incontro che si trasformi attraverso lo scatto dell'obiettivo in un «documento interpretazione». Torniamo a contemplare - sembra dirci Giuseppe - ognuno con il contributo della propria sensibilità, l'essenzialità della natura umana, nei termini e nei tempi limitati di una vita.



La mostra allestita presso il centro culturale «Il Domani» via Isole Capo Verde 98/100, rimarrà aperta al pubblico fino a sabato 9 giugno con l'orario 17-20.













Presentazione
di Romano Tamberlich - Giornalista TG1

Nato a Roma il 23 settembre 1957 da padre calabrese e madre d'origine ligure - piemontese, tifa per il Catanzaro e si dichiara calabrese.
Dalla famiglia paterna ha ereditato la tendenza tutta meridionale, quasi orientale, della contemplazione e di una certa quale armonia musicale riscontrabile nelle sue figure, nei suoi paesaggi, nelle sue nuvole, come anche una ricerca della comunicazione con gli uomini attraverso il mezzo espressivo, sia esso la parola, lo scritto o un'arte figurativa quale la fotografia indubbiamente è.
Dalla famiglia materna attraverso i secoli, i cromosomi gli hanno trasmesso quel talento pittorico (da lui trasferito dal pennello all'obbiettivo e alla camera oscura) che fu dei suoi antenati del 1600 Luciano e Francesco Maria Borzone (affrescatori, tra l'altro, dei Palazzi dei reali di Francia a Louvre e Vincennes) ed è attualmente dello zio Luigi Ottavio Borzone, giovane e promettente pittore che nel più classico dei modi ha dato un calcio alla sua laurea in legge e all'impiego in banca, per dedicarsi interamente alla sua insopprimibile vocazione.
Giuseppe Cocco, con i suoi 21 anni, avrebbe l'età per far parte di quella gioventù angosciata e contestatrice a cui spesso si fa riferimento quando si parla di "giovani".
Ma una profonda religiosità e l'esperienza del dolore lo hanno maturato anzitempo.
Il dolore può portare alla disperazione e al pessimismo, ma può anche, paradossalmente (il paradosso cristiano) portare alla serenità nella speranza. Era un ragazzo pieno di vitalità, uno sportivo.
Essere un campione del ciclismo, questo il suo sogno, stroncato a 16 anni sulla Via dei Laghi in uno scontro frontale: i 2 femori spezzati, 18 giorni in trazione, 5 mesi in carrozzella, 2 mesi sui bastoni canadesi, altra operazione ad un anno di distanza.
Tanto tempo per pensare, per mettere a punto una scala di valori autentici, per imparare a "vedere" nella forzata immobilità, tutto ciò che hai intorno, e che è anche bello e buono e non è tutto brutto, angosciante, deforme, "strano", come tanti pittori e fotografi vorrebbero far credere, sulla scia di un conformismo e di una propaganda che è al fondo è "politica".
Da questa esperienza la spinta ad un impiego nelle elezioni scolastiche, nel suo liceo artistico, con una coraggiosa e costante battaglia di minoranza ("ho pietà dei miei amici, non posso vederli così plagiati bisogna che qualcuno parli loro, che sentano un'altra voce").
Da queste esperienze una capacità di usare dell'obbiettivo per guardare dentro alle persone e alle cose per penetrarne lo spirito, con simpatia e partecipazione (uno dei suoi libri preferiti è non a caso "lo spirituale nell'arte" di Kandinskij).
Non piaceva la sua pittura di studente, a certi professori del liceo artistico e certamente, non apprezzerebbero, quegli stessi, la fotografia di Giuseppe Cocco oggi:"ma tu sei un contemplativo" gli dice­vano con meraviglia e disgusto.
Ebbene, l'essere un "contemplativo" e trarre dalla contemplazione un messaggio di speranza, è il maggior pregio, la modernità, l'attualità della fotografia di Giuseppe Cocco.
D'altronde sulla necessità che l'uomo d'oggi e soprattutto i giovani, che si preparano ad essere gli uomini del mondo del duemila, debbano di nuovo imparare a contemplare, con corda non solo Maritain, su cui in gran parte la sua formazione sociale e politica, ma anche un Pasolini o un Moravia, il quale ultimo appunto dichiarava, al ritorno da un suo viaggio nell'Unione Sovietica: "Sono arrivato alla convinzione che dobbiamo tornare a contemplare, se vogliamo sopravvivere".
Non dunque fotografia - velocità, ma fotografia - contemplazione, che da all'immagine il senso di un contatto spirituale tra l'eternità e il tempo.
Il nostro augurio è che questo giovane fotografo abbia il coraggio di non piegarsi al conformismo della fotografia - angoscia, del sadomasochismo, della disperazione e (spesso) della furbizia che è alla base di tanta produzione fotografica e non solo fotografica, e continui invece ad operare nella convinzione di avere una parola da dire, nuova ed insieme antica, anche se espressa oggi con uno dei più moderni mezzi di comunicazione sociale, la fotografia.
Una fotografia che potremmo forse definire, secondo una espressione attuale che corrisponde ad un bisogno altrettanto attuale - in un mondo angosciato dalla deformazione della realtà operata dai mass-media - una fotografia "dal volto umano".

Recensione televisiva
di Porfirio Grazioli - Direttore città dei ragazzi

".... I Neologismi sono, in genere, parolacce. Quando, però, essi affondano le radici in terra buona, germogliano come fiori splendidi e luminosi: Fotografare!
Scrivere con la luce! Con un po' di vio­lenza,... dipingere, scolpire con la luce!
Corteggiare ombre e luci, chiari e scuri, mediare il loro con­nubio ed evocare creature, suscitare sentimenti, stupore!...
Le Fotografie sono, in genere, esercizio funebre"... sorrisi ingialliti di ghiaccio, lasciati a ghignare al passato!..."
Quando la "foto" (è bene chiamarla così: luce!) promana da anima calda, viva, mediana en passant dall'occhio e dal mirino, composta dalla fantasia e scaldata dal cuore, allora è l'arte!
La quale è difficile da definire secondo i canoni della ingegneria logica, che va per genere prossimo e differenza specifica, ma è facilissimo gustare,... di palato, come buon vino...
Succede quasi sempre ammirando le composizioni fotografiche di Giuseppe Cocco...
Difficile è anche addentrarsi nella fotonomatica del nostro artista perché le sue "foto" non hanno titolo, non è necessario che l'abbiano; se lo danno da sole perché esse... parlano! Basta interrogarle con lo sguardo e... ti rispondono.
Allora è facilissimo riconoscere volti, raccogliere pensieri, avvertire sentimenti.
Tu interroghi e Solitudine, Malinconia, Libertà, Noia, Attesa, rispondono... come rispondono al clik discreto della macchina di Cocco la malinconia di un ramo secco, la solitudine di alberi nella foschia, la noia dei pastori al gregge, il respiro lontano di un paese addormentato in fondo alla valle... ed è un brusio pettegolo nell'animo, sospiri, lamenti e improvvise argentine risate...".

ottobre 1979


UNA GIOVANE PROMESSA: Nel numero di giugno dei Fogli di Attualità abbiamo presentato le fotografie artistiche dello studente ventenne, scelte per la copertina, accompagnate da una sintetica didascalia: "Quando fotografare diventa poesia". Nessun cenno biografico, che sarebbe superfluo data l'età e l'impegno serio e maturo del nostro collaboratore; la lettura delle sue immagini senza com­mento ha provocato reazioni positive tra i lettori. Ha prevalso motu proprio la forza del suo stato d'animo e delle sue ispirazioni sociali che suscitano naturalmente riflessioni e sentimenti. Giuseppe Cocco ha scelto, secondo noi, la strada maestra che non illude e non tradisce: l'umanità nell'opera d'arte e professionale sarà sempre motivo di at­trazione, di stima e di consolazione. Se poi pensiamo all'età del nostro amico, possiamo riporre ottime speranze in questa promessa.
Gian Vittorio Pallai